venerdì 19 gennaio 2018

I verbi servili


I verbi servili (o modali) sono dovere, potere, volere. Questi verbi reggono l'infinito di un altro verbo, del quale indicano una particolare "modalità" (rispettivamente, la necessità, la possibilità, la volontà):

  • sono dovuto tornare (necessità)non ho potuto aiutarlo (possibilità)
  • Tiziana vuole dormire (volontà)

A sottolineare lo stretto legame tra il verbo servile e il verbo che lo segue, il primo ha per lo più l'ausiliare del secondo:

  • sono tornato / sono dovuto (potuto, voluto) tornare;
  • ho aiutato / ho potuto (dovuto, voluto) aiutare.

Ma è frequente trovare i verbi servili con l'ausiliare avere, anche quando il verbo che reggono richiede l'ausiliare essere:


  • sono tornato / ho dovuto (potuto, voluto) tornare.

In particolare, i verbi servili hanno l'ausiliare avere quando sono seguiti dal verbo essere:

  • ho dovuto (potuto, voluto) essere magnanimo.




Oltre a dovere, potere, volere, reggono l'infinito anche altri verbi come sapere (nel significato di "essere capace di"), preferire, osare, desiderare ecc.:

  • so parlare inglese;
  • preferirei andarci da solo;
  • non osa chiedertelo;
  • desideravamo tornare a casa.

Esempi d'uso:

  • Come, tu non puoi nemmeno assaggiarlo?
  • Ragazzi, questa sera volete andare a mangiare una pizza?
  • Tiziana, puoi accompagnarmi dal parrucchiere oggi alle cinque?
  • In casa nostra, noi figli, sia maschi che femmine, dobbiamo aiutare nostra madre.
  • Hanno bisogno di una seconda macchina, ma non possono permettersela.
  • Vi accompagno io. A che ora dovete essere all'aeroporto?
  • L'aereo parte alle sette, ma i passeggeri devono presentarsi un'ora prima.
  • Perché tu non vuoi venire alla festa?

Come si coniugano i verbi servili nei tempi composti assieme a un verbo riflessivo?

Se il pronome riflessivo è legato all'infinito, il verbo servile prende l'ausiliare "avere".
Ho dovuto riposarmi.
Se il pronome riflessivo non è legato all'infinito, il verbo servile prende l'ausiliare "essere".
Mi sono dovuto riposare.


giovedì 4 gennaio 2018

Uso dell'indicativo e del congiuntivo nelle proposizioni oggettive



L’alternanza tra i modi indicativo e congiuntivo nelle proposizioni oggettive è regolata da un criterio semantico, cioè di significato:

  • Usiamo l'indicativo per enunciare un fatto certo → sostengo che non è vero; 
  • Usiamo il congiuntivo per enunciare un fatto presunto o probabile → penso che il mio professore sia un genio.


Reggono il congiuntivo i verbi che esprimono "una volizione (ordine, preghiera, permesso), un'aspettativa (desiderio, timore, sospetto), un'opinione o una persuasione", tra cui:
accettare, amare, aspettare, assicurarsi, attendere, augurare, chiedere, credere, curarsi, desiderare, disporre, domandare, dubitare, esigere, fingere, illudersi, immaginare, lasciare, negare, ordinare, permettere, preferire, pregare, pretendere, raccomandare, rallegrarsi, ritenere, sospettare, sperare, supporre, temere, volere.


Richiedono, invece, l'indicativo i verbi che esprimono giudizio o percezione, tra cui accorgersi, affermare, confermare, constatare, dichiarare, dimostrare, dire, giurare, insegnare, intuire, notare, percepire, promettere, ricordare, riflettere, rispondere, sapere, scoprire, scrivere, sentire, sostenere, spiegare, udire, vedere.


Alcuni verbi possono avere l'indicativo o il congiuntivo, con sfumature diverse di significato:

ammettere,
  • ind. 'riconoscere': ammisi davanti al professore che non avevo studiato bene;
  • cong. 'supporre, permettere': ammettendo che tu abbia ragione, cosa dovrei fare?;
badare,
  • ind. 'osservare': cercò di non badare all'effetto che gli faceva quella strana voce;
  • cong. 'aver cura': mi consigliava di badare che non cadessi;
capire, comprendere,
  • ind. 'rendersi conto': non vuole capire che io non sono un suo dipendente;
  • cong. 'trovare naturale': capisco che tu voglia andartene;
considerare,
  • ind. 'tener conto': non considerava che nessuno voleva seguirlo;
  • cong. 'supporre': arrivò a considerare che non ci fossero altre possibilità;
pensare,
  • ind. 'essere convinto': penso anch'io che tu sei stanco;
  • cong. 'supporre': penso che tu sia stanco.








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mercoledì 3 gennaio 2018

Utilizzo dell'avverbio MICA

 

Uso dell'avverbio MICA

1) MICA ha la funzione di rafforzare la negazione. Posposto al verbo, equivale a "per nulla" o "affatto":

Non sono mica scemo!
Questa prova non è mica facile!
Non hai mica fatto il lavoro, vero?
Oggi non sto mica bene.
Non sono mica arrabbiata.
Non voleva mica ascoltarmi.



2) Usato senza la negazione, MICA ha valore negativo:

Mica sono matto!
Sono cose vere, mica stupidaggini!

– Stai bene?
– Mica tanto. (= poco, non tanto)

– Com'è questa birra?
– Mica male! (= non male)

Mica Male è una formula usata per esprimere un giudizio favorevole, ammirazione, apprezzamento o approvazione.

Mica male questo computer.
Mica male il libro che mi hai consigliato.
Mica male quella ragazza!
Mica male come idea!

3) MICA può trovarsi prima del verbo e sostituisce la negazione:

Ho promesso di portare i miei bambini al cinema, mica posso deluderli.
Mi avevi detto che avresti lavato i piatti, mica l'hai fatto!
Mica sono stupido.



4) In frasi dubitative o interrogative, MICA ha il significato di forse/per caso:

Hai la fronte molto calda, non avrai mica la febbre?
Non sarai mica arrabbiata?
Hai mica visto le mie scarpe?
Non ti ho mica Interrotta?


Utilizzo di MICA www.impariamoitaliano.com




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martedì 2 gennaio 2018

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