sabato 29 aprile 2017

Due libri per coloro che amano la lingua italiana

Sgrammaticando / Grammatica della lingua italiana

Con i suoi consigli e tutorial, la giovane sarda Fiorella Atzori è diventata ormai la YouTuber di riferimento sui misteri della grammatica italiana, e non solo in Italia, dato che i suoi video ma anche le sue "lezioni private" via Skype vengono richiesti in tutto il mondo, dal Libano all'Argentina, dal Brasile alla Grecia. Sarà per via della nonna maestra elementare? In questo suo primo libro, intitolato Sgrammaticando. Salviamo l'italiano dalla rete, racconta, illustra, spiega e ... bacchetta gli strafalcioni più popolari, le polemiche sintattiche più accalorate, le curiosità terminologiche più inattese e le eccezioni consentite. Un indispensabile galateo social per i molti che non vogliono arrendersi alla barbarie linguistica, ma neanche morire sulle barricate della Crusca.

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La lingua italiana è una realtà complessa, stratificata ma soprattutto dinamica. La Grammatica di riferimento dell'italiano contemporaneo, di Giuseppe Patota, descrive in modo completo e aggiornato l’italiano contemporaneo e ne affronta i principali argomenti in modo più operativo e con grande chiarezza espositiva. Pensata, progettata e realizzata come strumento di studio e di consultazione, si pone come indispensabile punto di riferimento per insegnanti e studenti e per tutti coloro che per lavoro e nel tempo libero vi ricorrano per sciogliere dubbi ed evitare gli errori più comuni. Gli aspetti fonologici, ortografici, morfologici e sintattici della proposizione e del periodo vengono trattati utilizzando una ricca esemplificazione che ne facilita la comprensione (schemi, tabelle, box di approfondimento, note sulla storia della lingua, schede sui dubbi linguistici). Nelle varie rubriche le espressioni e i modi di dire appartengono alla lingua viva e attuale, con particolare attenzione alle varietà regionali, popolari o familiari. Mappe concettuali all’inizio di ciascuna parte in cui è organizzato il volume sintetizzano i concetti principali e mettono in evidenza i nessi logici che li collegano.

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giovedì 20 aprile 2017

Come si struttura un testo argomentativo

Come si struttura un testo argomentativo?
STRUTTURA DEL TESTO ARGOMENTATIVO
1. Si parte da un problema Quale cibo è adatto ad una dieta sana?
2. Formulazione della tesi Sicuramente la mela è un cibo ideale
3. Argomenti a favore della tesi Infatti è leggera e facile da digerire
4. Prove a favore Perché è ricca di vitamine e sostanze nutrienti
5. Antitesi Altri tipi di frutta, invece, non sono adatte alla dieta
6. Argomenti a favore dell’antitesi Ad esempio la banana è nutriente, ma non adatta ad una dieta
7. Confutazione dell’antitesi Infatti è ricca di zuccheri e la presenza di potassio la rende di non facile digestione
8. Conclusione che rinforza la tesi Quindi la mela si rivela il cibo più adatto

Sul plurale dei nomi che finiscono in -CIA e -GIA


La norma nella grafia dei plurali dei nomi in –cia e –gia con i atona è la seguente:


  1. Conserviamo la i quando la c e la g dei nessi –cia e –gia sono precedute da vocale:

    camicia ▶ camicie
    valigia ▶ valigie
    acacia ▶ acacie
    ciliegia ▶ ciliegie

  1. Eliminiamo la i quando la c e la g dei nessi –cia e –gia sono precedute da consonante:

    provincia ▶ province
    quercia ▶ querce
    frangia ▶ frange
    conscia ▶ consce
    coscia ▶ cosce
    fascia ▶ fasce


Formazione del plurale dei nomi che finiscono in - cia e - gia

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  1. Quando invece la i dei gruppi -cia, -gia, -scia è accentata, al plurale  si conserva sempre:
    farmacìa ▶ farmacìe
    strategìa ▶ strategìe
    scìa ▶ scìe.

  1. I nomi e gli aggettivi che finiscono in –accia, –iccia, –occia, –uccia perdono la i al plurale:

    cosuccia ▶ cosucce
    grassoccia ▶ grassocce
    mangereccia ▶ mangerecce
    parolaccia ▶ parolacce
    rossiccia ▶ rossicce

–▶ Plurale dei nomi che finiscono in -CO e -GO

mercoledì 19 aprile 2017

Sul plurale dei nomi che finiscono in -CO e -GO


I nomi che terminano in -co e -go possono formare il plurale maschile in -chi e -ghi oppure in -ci e -gi.

I nomi con l'accento sulla penultima sillaba di solito mantegono la consonante velare:

albergo ▶ alberghi
fungo ▶ funghi
fuoco ▶ fuochi
lago ▶ laghi
gioco ▶ giochi

I nomi con l'accento sulla terzultima sillaba di solito mutano la consonante in palatale:

medico ▶ medici
monaco ▶ monaci
psicologo ▶ psicologi
archeologo ▶ archeologi
equivoco ▶ equivoci


Le eccezioni sono poche e tra le più diffuse ricordiamo:

amico ▶ amici
greco ▶ greci
nemico ▶ nemici
porco ▶ porci
analogo ▶ analoghi
arcipelago ▶ arcipelaghi
catalogo ▶ cataloghi
dialogo ▶ dialoghi
naufrago ▶ naufraghi


Esistono delle parole che presentano entrambe le forme di plurale -ci / -chi, -gi / -ghi.
Le più comuni sono:

stomaco - stomaci/stomachi 
antropofago - antrofagi/antropofaghi
achirurgo - chirurgi/chirurghi


–▶ Plurale dei nomi che finiscono in -CIA e -GIA


giovedì 13 aprile 2017

Preposizioni composte

Preposizioni composte
In mezzo a
La fontana è in mezzo alla piazza.

Davanti a; dinanzi a
Davanti alla legge tutti sono uguali.

Dietro (a)
Luigi abita dietro la scuola (alla scuola).

Sotto (a)
Nasconditi sotto il letto.

Sopra (a)
Ho lasciato la chiavi sopra il tavolo.

Di fronte a
Siediti di fronte a Lara.

Vicino a
Mi piace vivere vicino al mare.

Accanto a
Mi sono seduto accanto alla finestra.

Lontano da
Preferisco non abitare lontano dal centro.


Nei dintorni di
Cerco casa nei dintorni dell'università.

Dalle parti di
Aldo abita dalle parti dell'ospedale.

Intorno a
Facciamo una passeggiata intorno alla cattedrale.

In fondo a
C'è un buon ristorante in fondo a questa strada.

Oltre (a)
Il paesaggio cambia oltre il confine.

Presso
Abita presso i nonni.

Lungo
È piacevole passeggiare lungo il fiume d'estate.

In cima a
Siamo in cima alla montagna dopo tre ore.

Dentro (a)
La giacca è dentro l'armadio.

Fuori da, di
Hai lasciato le uova fuori dal frigorifero.

Entro
Devo finire di leggere il libro entro il 20 luglio.

"Dietro", "sopra", "sotto", "presso" e "dentro" hanno bisogno della preposizione "di" davanti ai pronomi personali.
Dietro di me c'è Luisa.


Addosso a
Il gatto si addormenta sempre addosso a Marco.

Prima di
Prima di uscire telefona a Pietro.

Dopo
Dopo la partita preparo la cena.

Verso
Se vai verso il centro ti accompagno.
Ci vediamo verso le sei.

Attraverso, tramite
Mi hanno avvisato tramite lettera.

Insieme a
Vado al cinema insieme a Eva.

Contro
Non posso farlo, va contro i miei principi.

Tranne, fuorché, eccetto
Sono venuti tutti tranne Fausto.

Secondo
Secondo il mio punto di vista è rischioso.

All'interno di
La lettera si trova all'interno della busta.

All'esterno di
Non bisogna lasciare rifiuti all'esterno del contenitore.

"Contro", "attraverso" e "verso" hanno bisogno della preposizione "di" davanti ai pronomi personali:
Non ho niente contro di te.
Ho solo buoni sentimenti verso di lui.

sabato 8 aprile 2017

I verbi pronominali



I verbi pronominali sono i verbi che si coniugano con le particelle pronominali, prive di qualunque funzione e significato, e senza significato riflessivo (per esempio, affliggersi, pentirsi, meravigliarsi, fermarsi, ecc.).

I verbi pronominali idiomatici si coniugano con uno o due pronomi o particelle pronominali che fanno assumere al verbo un significato diverso da quello originale.

I più comuni sono: avercela, aspettarsela, cavarsela, farcela, bersela, mettercela tutta, fregarsene, vedersela brutta, sentirsela, svignarsela, dormirsela, spuntarla...


Uso del passato remoto


L’indicativo passato remoto descrive uno stato/fatto anteriore al momento dell’enunciazione, privo di relazione diretta con esso, e presentato come “compiuto”. L’aggettivo “remoto” va dunque inteso nel senso di “separato, concluso” e non, come spesso erroneamente accade, di “lontano nel tempo”.
Per quanto detto, il passato remoto è il tempo perfettivo per eccellenza, e da sempre viene utilizzato in ogni tipo di narrazione:

Su questo campo due giorni fa segnai una tripletta.
Il capo ripartizione si stupì di trovare la pratica in archivio.
La guerra dei Sette Anni ebbe termine nel 1763.
 


Il passato remoto è tuttora normalmente usato nella lingua letteraria  e scritta. È noto invece che, nel parlato, l’uso di questo tempo varia considerevolmente a seconda delle aree geografiche: mentre esso si mantiene vitale tanto al Centro quanto al sud, nel Nord è stato quasi completamente sostituito dal passato prossimo (come è avvenuto nel francese), e sopravvive solo in contesti colti o formali simili, di fatto, alla comunicazione scritta.


Istruzioni per l’uso

Dovendo scegliere tra passato remoto e presente storico, quale  dei due è preferibile? Premesso che dal punto di vista grammaticale si tratta di forme equivalenti, il problema si limita allo stile. Mentre il passato remoto è stilisticamente neutro, con il presente storico s’intende dare al racconto un senso di maggiore partecipazione. Questo vale in contesti colloquiali  ma non solo: per esempio, il professore di greco che, spiegando la guerra del Peloponneso, dica: A questo punto, Alcibiade non ha scelta: per lui v’è solo la via dell’esule, finge una conoscenza diretta di fatti che rivive nel momento stesso in cui li racconta.




Il periodo ipotetico

Come si forma il periodo ipotetico?

 

Il periodo ipotetico è composto da una frase dipendente condizionale, introdotta dalla congiunzione se (protasi), che esprime appunto una condizione o un presupposto e da una frase principale che esprime la conseguenza o il risultato di questa condizione o presupposto (apodosi).

Tipi di periodo ipotetico:

  • Periodo ipotetico della REALTÀ:
    se + indicativo presente/indicativo presente, se + indicativo presente/indicativo futuro, se + indicativo futuro/indicativo futuro

    Esempi:
    Se piove rimaniamo a casa. Se fai tardi telefonami. Se verrà anche lui mi farà piacere.
  • Periodo ipotetico della POSSIBILITÀ:
    se + congiuntivo imperfetto - condizionale semplice/imperativo.

    Esempi:
    Se avessi abbastanza soldi andrei in vacanza alle Seychelles.
    Se avessi bisogno d'aiuto chiamami.

  • Periodo ipotetico dell'IMPOSSIBILITÀ:
    se + congiuntivo imperfetto/trapassato - condizionale semplice/composto.

    Esempi:
    Se avessi le ali, volerei.
    Se avesse bevuto un po' di meno ora non sarebbe ubriaco.
    Se fossi venuta al concerto con noi ieri sera ti saresti divertita.
Nella lingua parlata è frequente l'uso, scorretto, dell'imperfetto indicativo al posto del congiuntivo e del condizionale.
Esempio: Se venivi al concerto con noi ieri sera ti divertivi.

Uso del condizionale

Come si usa il condizionale in italiano

Il condizionale semplice (o condizionale presente) esprime:

  1. Fatti che hanno la possibilità di realizzarsi nel presente o nel futuro, ma non la sicurezza, in quanto sono condizionati da altri fatti o circostanze.

    Scriverei a mia madre...
    ... ma c'è lo sciopero.
    ... ma non ho tempo.
    ... se avessi tempo.
    ... se non ci fosse lo sciopero della posta.


  2. Una richiesta o un desiderio formulati con cortesia o modestia: *

    Vorrei vedere un paio di guanti.
    Dovresti studiare di più.
    Avrei  fame... Vorrei mangiare.
    Direi di no!
    Non saprei come rispondere.
    Direi che è sgarbato a comportarsi così.
    Potrebbe fissarmi un appuntamento.


     
  3. Notizie o fatti non confermati: questo uso è tipico dello stile giornalistico, quando si riportano voci non sicure:

    Secondo voci non confermate gli sposi, dopo la cerimonia avrebbero l'intenzione di andare in un'isola del Mediterraneo, dove si fermerebbero per alcuni giorni in una villa di amici di famiglia e poi proseguirebbero per una crociera lungo le coste greche.
* Tutte queste forme verbali al condizionale semplice possono essere sostituite da forme al presente indicativo: le espressioni risulterebbero più dirette, più forti o franche.


Voglio vedere un paio di guanti. Ho fame... Voglio mangiare. Dico di no! Non so come rispondere.


Il condizionale composto si riferisce a un tempo passato ed ha gli stessi valori del condizionale semplice.


Il condizionale composto (o passato) esprime:

  1. Fatti che non hanno avuto la possibilità di realizzarsi, in quanto sono stati ostacolati da altri fatti o circostanze.

    Avrei scritto a mia madre...
    ... ma c'è lo sciopero.
    ... ma non ho tempo.
    ... se avessi tempo.
    ... se non ci fosse lo sciopero della posta. 


  2. Un desiderio non realizzato:

    Avevo fame... Avrei voluto mangiare.
    Mi sarebbe piaciuto andare al concerto con Renato, ma avevo già un altro impegno.
    Avresti partecipato volentieri a quel concorso?
    Avresti dovuto studiare di più.


  3. Notizie o fatti non confermati: questo è un uso tipico dello stile giornalistico, quando si riportano voci non sicure.

    Secondo voci non confermate, gli sposi, dopo la cerimonia, sarebbero andati in un'isola del Mediterraneo, dove si sarebbero fermati per alcuni giorni un una villa di amici di famiglia e poi avrebbero proseguito per una crociera lungo le coste greche.

Uso della d eufonica

 

Uso della D eufonica

 

La d eufonica è una risorsa fonetica per evitare, nella lingua parlata e scritta, l'incontro di due suoni identici e consecutivi:

ed ecco;
ad andare;
od obbligare.


Quando si usa la d eufonica?

Con la preposizione a > ad + parola iniziante per a
Con la congiunzione e > ed + parola iniziante per e


Fino a una cinquantina di anni fa, l'assenza della d eufonica veniva considerato un errore molto grave. Oggi, però, limitiamo l'uso della de eufonica ai casi di incontro della stessa vocale.

Così, diciamo:

a osservare, non ad osservare;
e anche,
non ed anche;
ad aspettare,
non a aspettare;
ed entrò,
non e entrò.

Un'eccezione, imposta dall'uso è:

ad esempio, non a esempio.

Se la parola che segue contiene una d nelle prime sillabe, la d eufonica andrà evitata:

Giacomo e Edoardo (corretto)
Giacomo ed Edoardo (errato)
devo dire a Ada (corretto)
devo dire ad Ada (errato)

La d eufonica non si usa più con la congiunzione o:

ieri o oggi (corretto)
ieri od oggi (errato)