mercoledì 4 giugno 2025

DIFFERENZE TRA IMPERFETTO E PASSATO PROSSIMO


Quando si usa l'IMPERFETTO?

  1. Per parlare di azioni abituali, ripetute o che durano nel tempo.

  2. Per descrivere due o più azioni che succedono insieme.

  3. Per descrivere una situazione o un’azione lunga che viene interrotta da un’altra azione più breve.


Esempi:

  • Leggevo sempre prima di dormire. (azione abituale)

  • Giocavamo a calcio ogni pomeriggio. (azione ripetuta)

  • Da bambino mangiavo tanti dolci.

  • Ogni estate andavamo in montagna.

  • Ieri pomeriggio mentre studiavo, ascoltavo musica e sognavo le vacanze. (azioni nello stesso momento)

  • Mentre scrivevo la lettera, parlavo al telefono e sorseggiavo un caffè.

  • Mentre cucinavo, guardavo la TV.

  • Guardavo la TV, quando è suonato il telefono. (azione lunga + azione breve)

  • Passeggiavo nel parco, quando ho incontrato un vecchio amico.

  • Dormivo, quando qualcuno ha bussato alla porta.



Quando si usa il PASSATO PROSSIMO?

  1. Per parlare di azioni finite, già concluse.

  2. Per raccontare azioni che succedono una dopo l’altra.

  3. Per indicare l’azione breve che interrompe un’azione più lunga.


Esempi:

  • Ho letto quel libro la scorsa settimana. (azione finita)

  • Siamo andati al mare per un giorno

  • Ho mangiato una pizza ieri sera.

  • Abbiamo visitato Roma l’anno scorso.

  • Stamattina mi sono svegliato, mi sono lavato, e sono uscito(azioni in sequenza)

  • Ho cucinato, poi ho apparecchiato e infine ho cenato.

  • Ho fatto colazione, ho preso l’autobus e sono arrivato a scuola.

  • Stavo leggendo, quando è entrato mio fratello. (azione lunga + azione breve)

  • Correvo nel parco, quando ho sentito un forte rumore.

  • Guardavo un film, quando il telefono ha squillato.


 

In sintesi:

  1. Usiamo l’imperfetto per descrivere abitudini, situazioni e azioni lunghe.

  2. Usiamo il passato prossimo per parlare di azioni finite, una dopo l’altra, o per l’azione breve che interrompe una situazione.

lunedì 2 giugno 2025

1. Accento su “e” e “o” (non sull’ultima sillaba)


Quando l’accento cade sulla “e” o sulla “o” e non si trova sull’ultima sillaba della parola, nella maggior parte dei casi queste vocali si pronunciano chiuse. Ad esempio, si dice:

  • méla
  • dóccia
  • sénno
  • móndo

Tuttavia, esistono delle eccezioni, come nelle parole: 

  • gèlo
  • bène
  • gònna


2. Parole tronche che finiscono in “e”

Nelle parole tronche (cioè con accento sull’ultima sillaba) che terminano con “e”, la vocale si pronuncia quasi sempre chiusa. Per esempio:

  •  tré
  •  mé, té, sé (pronomi)
  •  tutti i derivati di “che” (come perché, poiché, affinché…)

Anche qui ci sono eccezioni, come: caffè, tè (la bevanda), karkadè, bèh e, in generale, le esclamazioni.
 

3. Il dittongo “ie”

Nel dittongo “ie”, la “e” è quasi sempre aperta. Si pronuncia:

  • cièlo
  • mièle
  • pièno

Fanno eccezione le parole che terminano in -ietto, -ietta, -iezza, dove la “e” è chiusa: bigliétto, magliétta, ampiézza.


4. Participi presenti

Nei participi presenti, la “e” si pronuncia sempre aperta: 

  • presidènte
  • solvènte
  • gerènte
  • potènte 

 

5. Pronuncia di “e” e “o” in base ai suffissi

A seconda del suffisso della parola, si può stabilire se la “e” e la “o” vadano pronunciate aperte o chiuse:

    La “e” è aperta se la parola termina con:
    -ela, -elo, -endo, -enno, -ene, -ente, -enza, -erno, -ero, -errimo, -esimo, -estre, -evolo, -iera, -iere

    La “e” è chiusa se la parola termina con:
    -ecchio, -eccio, -efice, -eggio, -esco, -esimo, -essa, -eto, -etto, -evole, -ezza, -mente, -mento

    La “o” è aperta se la parola termina con:
    -occhio, -occio, -olo, -orio, -osi, -ota, -otico, -otto, -ozzo

    La “o” è chiusa se la parola termina con:
    -oio, -one, -oni, -ore, -oso

Impariamo italiano!